ALBERTO SCANDALITTA

PHOTOGRAPHER

IL SENTIERO DEL CAPITANO

Witness Journal -Il sentiero del capitano


Le colline sono infinitamente più importanti della città".
dal Film Il partigiano Johnny - tratto dal romanzo di Beppe Fenoglio.

I sentieri di montagna venivano spesso usati dai partigiani per nascondersi, difendersi, attaccare per poi velocemente ritirarsi in spazi solo da loro conosciuti perché impervi e poco tracciati. Quelli oggi rimasti sono ancora un simbolo importante delle lotte e della resistenza contro il nazifascismo.
Particolare significato assumono poi nell’alto Piemonte dove, anche se solo per un breve periodo del 1944, era stata creata la Repubblica partigiana dell’Ossola e gli eccedi, a partire dal Val Grande, furono atroci.
Il sentiero Beltrami, lungo tracciato che parte da Cireggio, un paese sul Lago d'Orta, per arrivare attraverso boschi e montagne in Val d'Ossola è dedicato al Capo partigiano Filippo Maria Beltrami, (Cireggio ,14 luglio 1908- Megolo,13 febbraio 1944,) e segue e racconta la sua fuga e quella del suo gruppo fino allo scontro finale.
Nell’autunno del 1943 con una trentina di uomini Beltrami da vita e prende il comando di una delle prime formazioni partigiane spontanee che operano nella zona di Quarna un paese a circa 900 metri tra il Cusio, la Val Strona e la Val d’Ossola. Dopo diversi spostamenti tra quelle montagne il primo gennaio del 1944 Il Capitano firma un manifesto per dire “basta!” ai massacri fascisti, lascia la Val Strona e , attraverso il sentiero, ricerca spazi più sicuri nel Verbano e nell’Ossola.
Si ferma infine sulle alture di Megolo dove, il 13 febbraio 1944, rifiuta l'offerta di resa da parte dei tedeschi e muore in battaglia insieme ad altri 11 partigiani: Carlo Antibo, Giovanni Bressani Bassano, Aldo Carletti, Gianni Citterio, Angelo Clavena, Bartolomeo Creola, Antonio Di Dio, Emilio Gorla, Paolo Marino, Gaspare Pajetta ed Elio Toninelli.
Nel piccolo cimitero di Megolo è ancora sepolto Gaspare Pajetta e qui hanno voluto essere interrati anche i genitori di Gaspare e anche il fratello più grande, Giancarlo Pajetta.
Ogni anno tante persone di radunano e ripercorrono il “suo” sentiero e le “loro” fatiche per continuare a ricordare chi ha perso la vita per noi.
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